L’ILLUMINAZIONE PUBBLICA TRA LE DUE GUERRE
(1922-1943) - N° 1 | 2017

Forlì 1927-2017: il prototipo del viale compie 90 anni

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Centro prevalentemente agricolo fino agli inizi del XX secolo, a partire dagli anni Venti la città di Forlì è interessata da una serie di cambiamenti voluti dal regime fascista nell’intento di trasformarla in uno dei luoghi scelti su scala nazionale per la sperimentazione di un nuova politica urbana. É lo stesso Mussolini a imporre un programma di opere pubbliche monumentali, oltre al potenziamento delle attività produttive. Il piano di riassetto prevede diversi interventi finalizzati sia alla corretta espansione che alla riorganizzazione dell’intero assetto viario. I quartieri in costruzione si sviluppano lungo il tratto meridionale della via Emilia da dove parte una nuova grande arteria  perpendicolare alla Stazione ferroviaria, destinata ad ospitare numerosi servizi per la città (scuole, impianti sportivi, sedi amministrative e direzionali).

Risale al 1926 la decisione di collegare scenograficamente la Stazione ferroviaria al Piazzale della Vittoria, e di conseguenza al limitrofo Giardino pubblico, tramite un grande viale alberato lungo 800 metri, progetto che viene portato a compimento l’anno successivo dagli ingegneri Luigi Donzelli e Pietro Marconi. Il nuovo percorso, denominato viale Benito Mussolini (oggi viale della Libertà) prevede un’area stradale monumentale per una larghezza complessiva di 40 metri. Dalla delibera podestarile del 28 dicembre 1926 si apprende che “il viale consta di una strada centrale carrozzabile larga 12,50m, affiancata da due marciapiedi rialzati e alberati, larghi ognuno 6,25m che separano altre due strade laterali, anch’esse carrozzabili, di 5m ciascuna. Ai lati esterni del viale corrono, infine, altri due marciapiedi larghi ognuno 2,50m.”

I marciapiedi presentano bordi in pietra naturale con piani d’asfalto colato e 34 sedili in granito conforme ai bordi del marciapiede con basi in calcestruzzo per il sostegno delle fiancate. Ogni viale dispone di due filari di alberi (lecci) per un numero complessivo di 316 piante.

Davvero peculiare è l’impianto di illuminazione chiamato a conferire all’intera opera un senso di elevazione e di continuità prospettica pari, o addirittura superiore, alle stesse alberature. La conformazione dei pali, caratterizzata da linee curve ed eleganti, costituisce una sorta di elemento di rottura rispetto alle linee geometriche presenti nel resto del viale: in questo caso si tratta di un retaggio dello stile precedente, un richiamo al gusto Liberty. In una prima fase l’illuminazione è assicurata da lampade a tesata sostenute da pali nella parte centrale, e da lampade a braccio nelle parti laterali. In entrambe i casi i pali tubolari in ferro presentano basi in ghisa decorate da motivi verticali paralleli aggettanti su cui spicca lo stemma del fascio e la data di installazione (1927). Solo successivamente, a metà degli anni Trenta, anche le luci a sospensione del settore centrale vengono sostituite da pali decorati con lo stesso caratteristico riccio.

Grazie a particolari accorgimenti tecnici ed estetici, il viale che conduce alla stazione ferroviaria si trasforma nella più grande arteria di traffico cittadina e in una delle strade più spaziose d’Italia. Il “viale all’italiana” diventa presto il luogo ideale in cui svolgere le cerimonie solenni, comprese le parate militarti e ginniche.

È così unico nel suo genere da essere scelto come modello per altre opere dello stesso periodo. Da segnalare tre importanti progetti urbanistici, realizzati a Roma, che riprendono, anche nel progetto illuminotecnico, lo schema del viale di Forlì: via dei Fori Imperiali, via della Conciliazione e, soprattutto, via Imperiale (oggi Cristoforo Colombo) che collega il centro della capitale con il litorale passando dall’EUR, il quartiere destinato a ospitare l’Esposizione Universale di Roma del 1942, evento che non ebbe luogo a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale.